Offerte per: Borgo conventi

Borgo Conventi Braida Nuova Magnum 1999 150 Cl.

Borgo Conventi Collio Sauvignon Magnum 1995 150 Cl. 12 Vol.

Borgo Conventi Cabernet Franc Isonzo 2016 150 Cl. 12,5 Vol. Magnum

1x Vino 1998 Braida Nuova Borgo Conventi Gianni Vescovo 75cl 13%

Borgo Conventi Friulano Isonzo Del Friuli Doc 2023

Borgo Conventi Ribolla Gialla Venezia Giulia Igt 2023

Borgo Conventi Spumante Ribolla Gialla Brut Cl.75

Borgo Conventi Collio Ribolla Gialla Doc Cl.75

[] Borgo Conventi Schioppettino 2019

[] Borgo Conventi Pinot Grigio 2022

[] Borgo Conventi Sauvignon Colle Blanchis 2015

[] Borgo Conventi Collio Bianco Luna di Ponca 2019

[] Borgo Conventi Braida Nuova 2016

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2022; Alcol: 13%; Giudizio di Tannico: 80pt;

La Ribolla Gialla di Borgo Conventi viene prodotto nei pressi di Gorizia in Friuli Venezia Giulia, nel ridente territorio di Farra d’Isonzo. La cantina viene fondata nel 1975 con l’obiettivo di dare vita a vini dalla qualità eccellente e rara, obiettivo rinnovato nel 2001 dalla famiglia Folonari che ha fornito alla produzione nuova spinta, rispettando in toto la tradizione e l’ecosistema circostante i vigneti. I vigneti della Ribolla Gialla di Borgo Conventi crescono su terreni alluvionali nei pressi del fiume Isonzo; essi sono composti da argilla e sedimenti scheletrici pronunciati. Il clima è caratterizzato da inverni miti ed estati calde, dal momento che le Alpi fanno da scudo contro i venti freddi provenienti dal nord. Le piante hanno un’età media di 10-18 anni. La vendemmia è manuale; in cantina le uve vengono pressate, evitando la macerazione sulle bucce. La fermentazione è spontanea grazie all’azione dei lieviti indigeni in acciaio. Riposa in acciaio per 10 giorni. Il colore della Ribolla Gialla di Borgo Conventi è un giallo paglierino. I profumi sono delicati e ricordano fiori bianchi e caprifoglio in unione a note tropicali sul finale; in bocca è fine, delicato e minerale con un finale che ricorda i sapori salmastri e persistenti che invogliano calice dopo calice. In abbinamento è ottimo con pesce cucinato alla griglia, sushi e sashimi e primi piatti condite con verdura di stagione; interessante anche con carni bianche in umido. Prodotto interessante, adatto a serate in compagnia degli amici di sempre in riva al mare, gustando tutte le potenzialità della terra friulana.

All’interno della zona viticola del Collio Goriziano nasce il Pinot Grigio di Borgo Conventi, un vino bianco di ottima scorrevolezza e dinamicità. Il Collio è senza dubbio uno degli areali italiani più vocati verso la produzione di vini bianchi, dove vitigni internazionali come il Sauvignon Blanc, lo Chardonnay, il Pinot Bianco e, appunto, il Pinot Grigio hanno dimostrato un adattamento straordinario divenendo parte integrante della tradizione enoica locale. Come facilmente intuibile, la parola “Collio” deriva da “colli”, in riferimento alla moltitudine di colline che ricoprono il territorio. Borgo Conventi Collio Pinot Grigio è un’espressione dell’omonimo vitigno in purezza da viti di età compresa tra i 10 e i 45 anni, allevate su terreni prevalentemente argillosi derivanti dalla disgregazione delle marne e arenarie stratificate che caratterizzano il sottosuolo della zona. In cantina, le uve vengono sottoposte a una pressatura diretta e la conseguente fermentazione alcolica si verifica in vasche di acciaio inox a temperatura controllata per un periodo di circa 10 giorni. Anche la successiva fase di maturazione ha luogo in acciaio, dove la massa sosta qualche mese sulle fecce fini prima dell’imbottigliamento. Il Collio Pinot Grigio della realtà produttiva Borgo Conventi possiede una tonalità giallo paglierino con tenui riflessi ramati. Lo spettro aromatico si compone di fragranti e complessi profumi di pera matura e fiori di campo che anticipano percezioni finali di crosta di pane. Fine, schietto e armonioso il sorso, dalla vivace verve fresco-sapida che guida il lungo epilogo coerente con l’olfatto nelle sensazioni floreali e fruttate. A tavola quest’etichetta può accompagnare diverse tipologie di pietanze quali varie preparazioni di mare o primi piatti di terra.

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2021; Alcol: 13.5%; Giudizio di Tannico: 85pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 16/18 °C; Annata: 2021; Alcol: 13%; Giudizio di Tannico: 84pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2022; Alcol: 13.5%; Giudizio di Tannico: 80pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 10/12 °C; Annata: 2022; Alcol: 12.5%; Giudizio di Tannico: 80pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2023; Alcol: 13.5%; Giudizio di Tannico: 85pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 10/12 °C; Annata: 2023; Alcol: 12.5%; Giudizio di Tannico: 80pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: NV; Alcol: 12.5%; Giudizio di Tannico: 84pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 16/18 °C; Annata: 2022; Alcol: 13.5%; Giudizio di Tannico: 80pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2021; Alcol: 14%; Giudizio di Tannico: 83pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 16/18 °C; Annata: 2022; Alcol: 13.5%; Giudizio di Tannico: 85pt;

Formato: 0.75l; Temperatura di servizio: 8/10 °C; Annata: 2022; Alcol: 14%; Giudizio di Tannico: 83pt;

Giallo paglierino. Allolfatto è caratteristico, piuttosto intenso e pronunciato con sentori marcatamente floreali, sfumature di caprifoglio e, leggermente, di frutta tropicale. Al gusto è fine, fresco ed elegante, con nervo acido e buona sapidità. Al retrogusto è persistente e caratteristico.

Dolcezza, sensazioni speziate, menta, note fruttate di more e piccoli frutti a buccia nera, noci, cacao sono soltanto alcuni dei sentori che si sprigionano dal bouquet di Braida Nuova. Questo vino è caratterizzato da grande eleganza e gentilezza. In bocca è armonico, con dolci tannini e un cuore fruttato, reso più intrigante da sottili note di pepe, chiodi di garofano, cioccolato fondente e amarene sotto spirito. Il retrogusto persistente ricorda le sensazioni olfattive iniziali.

Rosso con riflessi violacei. Allolfatto è intenso e complesso. Alle sensazioni vinose immediate si susseguono sentori floreali di viola, fruttati di ribes nero, lampone, mora e speziati di chiodi di garofano, pepe nero e cannella. Al gusto è strutturato con un piacevole equilibrio tra le note fruttate e la finezza dei tannini su un fondo vellutato e persistente.

Colore giallo paglierino. Una sorprendente freschezza, si incontra con i profumi intensi, tipici del Collio. Il bouquet si apre con note di scorza di limone, tiglio, rose gialle e gelsomino, per poi evolversi elegantemente con sensazioni soavi, avvolgenti di pane appena sfornato, mela matura e biscotti al burro. In bocca si fa subito notare una grande struttura. Lacidità dello Chardonnay dona al gusto una giusta fragranza, il Friulano contribuisce con la sua bella morbidezza, mentre la Malvasia chiude con la spiccata sapidità. Insieme creano una sensazione gusto-olfattiva di grande classe ed originalità, che esprime pienamente le grandi doti qualitative del territorio del Collio.

Allolfatto è intenso, molto complesso ed elegante. Sentori di pesca e frutta tropicale con note di peperone, foglia di pomodoro e menta piperita. Il gusto è morbido ed avvolgente, con un corpo pieno che trova equilibrio e raffinatezza grazie allacidità fragrante. La lunga persistenza aromatica presenta note intriganti di salvia e fico e termina in una raffinata sensazione minerale tipica dei vini del Collio.

Giallo paglierino a volte con lievi riflessi ramati. Allolfatto è fragrante, intenso e complesso con sentori di pera matura e fiori di campo che conducono ad una lieve nota finale di crosta di pane. Al gusto è fine, sapido, armonico e schietto con buona persistenza aromatica.

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Il complesso fiorentino di Santa Maria Maddalena de' Pazzi in Borgo Pinti è il protagonista del nuovo capitolo dell'ormai storica collana dedicata alle chiese fiorentine, iniziata oltre trentacinque anni fa dall'allora Cassa di Risparmio di Firenze e oggi portata avanti dalla Fondazione CR Firenze. La storia della chiesa, accompagnata dalla campagna fotografica realizzata ex novo da Antonio Quattrone, ha inizio con una panoramica complessiva delle tormentate vicende storiche e architettoniche che videro il complesso passare nel XV secolo ai monaci cistercensi e nel 1628 allo \"scambio\" con le carmelitane di Borgo San Frediano; una storia complessa, lunga ottocento anni, passata attraverso trasformazioni e frazionamenti, soppressioni, requisizioni e alienazioni, responsabili della diaspora di numerose opere d'arte. La storia dell'arte fiorentina ha attraversato dal complesso lasciandovi le sue tracce immortali: il rinnovamento quattro-cinquecentesco, promosso dai cistercensi, arricchì la chiesa di dipinti ad opera di esponenti di primissimo piano: Cosimo Rosselli, Francesco Botticini, Lorenzo di Credi, Pietro Perugino, autore della celebre Crocifissione affrescata nella sala capitolare, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio. Nel XVI secolo si aggiunsero i contributi cospicui di Raffaellino del Garbo, Domenico Puligo, Carlo Portelli e Santi di Tito. L'arte barocca sarebbe entrata in Santa Maria Maddalena de' Pazzi nel XVII secolo, quando interpreti fiorentini e romani avrebbero steso sulla chiesa una sobria stratificazione barocca culminante nella realizzazione della cappella maggiore. L'ambizione del volume è permettere al lettore di trovare e conoscere non solo ciò che oggi è ancora presente in questo mirabile complesso, ma anche ciò che, ormai altrove, può essere mentalmente reintegrato e rimesso al suo posto. Coordinamento scientifico di Carlo Sisi. Con saggi di: Cristina Acidini, Sandro Bellesi, Annamaria Bernacchioni, Paolo Bertoncini Sabatini, Elena Capretti, Giovanni Cipriani, Francesca De Luca, Sabine Frommel, Clarissa Morandi, Elisabetta Nardinocchi, Piero Pacini, Riccardo Spinelli.

Il complesso fiorentino di Santa Maria Maddalena de' Pazzi in Borgo Pinti è il protagonista del nuovo capitolo dell'ormai storica collana dedicata alle chiese fiorentine, iniziata oltre trentacinque anni fa dall'allora Cassa di Risparmio di Firenze e oggi portata avanti dalla Fondazione CR Firenze. La storia della chiesa, accompagnata dalla campagna fotografica realizzata ex novo da Antonio Quattrone, ha inizio con una panoramica complessiva delle tormentate vicende storiche e architettoniche che videro il complesso passare nel XV secolo ai monaci cistercensi e nel 1628 allo \"scambio\" con le carmelitane di Borgo San Frediano; una storia complessa, lunga ottocento anni, passata attraverso trasformazioni e frazionamenti, soppressioni, requisizioni e alienazioni, responsabili della diaspora di numerose opere d'arte. La storia dell'arte fiorentina ha attraversato dal complesso lasciandovi le sue tracce immortali: il rinnovamento quattro-cinquecentesco, promosso dai cistercensi, arricchì la chiesa di dipinti ad opera di esponenti di primissimo piano: Cosimo Rosselli, Francesco Botticini, Lorenzo di Credi, Pietro Perugino, autore della celebre Crocifissione affrescata nella sala capitolare, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio. Nel XVI secolo si aggiunsero i contributi cospicui di Raffaellino del Garbo, Domenico Puligo, Carlo Portelli e Santi di Tito. L'arte barocca sarebbe entrata in Santa Maria Maddalena de' Pazzi nel XVII secolo, quando interpreti fiorentini e romani avrebbero steso sulla chiesa una sobria stratificazione barocca culminante nella realizzazione della cappella maggiore. L'ambizione del volume è permettere al lettore di trovare e conoscere non solo ciò che oggi è ancora presente in questo mirabile complesso, ma anche ciò che, ormai altrove, può essere mentalmente reintegrato e rimesso al suo posto. Coordinamento scientifico di Carlo Sisi. Con saggi di: Cristina Acidini, Sandro Bellesi, Annamaria Bernacchioni, Paolo Bertoncini Sabatini, Elena Capretti, Giovanni Cipriani, Francesca De Luca, Sabine Frommel, Clarissa Morandi, Elisabetta Nardinocchi, Piero Pacini, Riccardo Spinelli.

Erice, antico borgo della Sicilia Occidentale, a picco sulla laguna di Trapani, legò la sua antica storia al culto di Venere Ericina. Nel Medioevo e fino al Settecento, ospitò poi numerosi conventi, trasformati dagli anni Settanta del secolo scorso, per iniziativa del fisico Antonino Zichichi, in sedi dedicate a incontri e residenze internazionali, intorno al prestigioso Centro per la Cultura Scientifica Ettore Majorana. Negli ultimi anni una funivia ha collegato alla città di Trapani quel monte Erice – già e ancora accessibile tramite una strada panoramicissima ma da vertigine – inserendo così il borgo anche nel flusso del turismo vacanziero. Tuttavia queste riflessioni restano dedicate ai luoghi silenziosi e fraterni dove alcune tra le più brillanti menti scientifiche, con quasi regolare scadenza, si ritrovano per dibattere tematiche che riguardano l’essenza sconosciuta della materia, nella quale e per la quale viviamo.

Maggio 1799. Nel borgo di Mosso Santa Maria, nel Biellese, don Pietro, dopo essere stato esiliato da Biella, a seguito dell’assedio di un convento da parte di giacobini, collabora con il parroco don Antonio. Di ritorno dalla messa la perpetua Onorina lo informa che il notaio Gallis è stato ucciso sulla strada. Don Pietro nel raggiungere il luogo del delitto incontra un soldato francese, una vedova e un carbonaio. In canonica si discute del misfatto. Fra gli altri sospetti ci sono un funzionario piemontese dall’accento francese e la moglie dell’avvocato Decanti, presunta adultera. Fra pedinamenti, ricatti, traffici d’armi e spionaggio, la microstoria di un villaggio montano s’intreccia con la grande storia che si muove nella pianura.

La storia di Sara si svolge quasi per intero in un borgo non identificato, nel periodo che precede, attraversa e segue la seconda guerra mondiale, in parallelo con le vicende storiche d'Italia. Nata da contadini presto deceduti per la pellagra, Sara, orfana, viene accolta in convento ed allevata dalle amorevoli cure di suor Clotilde, che provvede alla sua formazione ed alla sua istruzione, secondo i canoni monastici. Dopo il matrimonio con Primo e l'uscita dal convento, scopre un mondo nuovo che la incuriosisce ed affascina. Ma l'avvento della guerra e la partenza di Primo per il fronte, la precipita presto in una realtà di lutti, di dolori e di affanni. Sola, con due figli piccoli, Sara, la timida ed inesperta Sara, abbraccia la vita e l'affronta. Lavora, s'innamora, perde tutto, ricomincia. A poco a poco, emerge dalle brume conventuali, allarga i propri orizzonti e ne va alla conquista. Va a scuola, impara, scopre, ma soprattutto inventa, sperimenta, cade, ma si rialza e ricomincia. Più la vita la ferisce e più Sara si rimargina ed affronta la sua guerra con ostinazione; fino alla fine, quando quasi d'improvviso, prende consapevolezza di quanto la sua vita sia stata bella e vera, con tutte le sue sconfitte e con tutte le sue vittorie. Attorno alla vita di Sara ruotano anche le vicende di altre donne, rifiutate, maltrattate, che l'indulgenza e la generosità di Sara, salvano dalla emarginazione e dalla solitudine.

In Borgo Ruga 30, a Feltre, c'è un ex ospedale psichiatrico racchiuso entro mura antiche: già convento, manicomio e poi residuo psichiatrico giunse a ospitare, costrette, un po' più di mille persone. Colui che per alcuni anni ne fu il barista ritorna in visita in quei luoghi, ripercorrendo i propri passi di allora e richiamando alla memoria le esperienze e il vissuto di ospiti e operatori. Attraverso le testimonianze – scritte e orali – di protagonisti, medici e romanzieri il narratore traccia la storia dell'Ospedale tra il 1904 (anno di approvazione della prima legge sui manicomi) e il fatidico 1978, mettendo in luce come le vicende dell'ospedale abbiano portato, inevitabilmente, il rilesso degli eventi della società civile: le due guerre mondiali, il boom economico e l'antipsichiatria; l'espulsione dalla società dei diversi e degli 'improduttivi'; il decisivo Sessantotto, il creativo '77 e il '78 di sangue, utopie e fondamentali innovazioni legislative. Il tempo scorre su strade parallele ma distanti: la psichiatria locale e quella nazionale; lo spaesamento dei pazienti reimmessi in società e la spinta, in altro senso, della psichiatria democratica; le solitudini del ritorno al paese e i movimenti sociali di ogni ordine e grado. Fra storie drammatiche e sorridenti aneddoti si dipana in queste pagine il racconto di un piccolo frammento del Novecento italiano, ricostruito attraverso una narrazione ibrida che si avvale di una ricognizione fotografica di Matteo Scarpa e di una mappa dei luoghi interessati a cura di Giovanni Sogne.

In Borgo Ruga 30, a Feltre, c'è un ex ospedale psichiatrico racchiuso entro mura antiche: già convento, manicomio e poi residuo psichiatrico giunse a ospitare, costrette, un po' più di mille persone. Colui che per alcuni anni ne fu il barista ritorna in visita in quei luoghi, ripercorrendo i propri passi di allora e richiamando alla memoria le esperienze e il vissuto di ospiti e operatori. Attraverso le testimonianze – scritte e orali – di protagonisti, medici e romanzieri il narratore traccia la storia dell'Ospedale tra il 1904 (anno di approvazione della prima legge sui manicomi) e il fatidico 1978, mettendo in luce come le vicende dell'ospedale abbiano portato, inevitabilmente, il rilesso degli eventi della società civile: le due guerre mondiali, il boom economico e l'antipsichiatria; l'espulsione dalla società dei diversi e degli 'improduttivi'; il decisivo Sessantotto, il creativo '77 e il '78 di sangue, utopie e fondamentali innovazioni legislative. Il tempo scorre su strade parallele ma distanti: la psichiatria locale e quella nazionale; lo spaesamento dei pazienti reimmessi in società e la spinta, in altro senso, della psichiatria democratica; le solitudini del ritorno al paese e i movimenti sociali di ogni ordine e grado. Fra storie drammatiche e sorridenti aneddoti si dipana in queste pagine il racconto di un piccolo frammento del Novecento italiano, ricostruito attraverso una narrazione ibrida che si avvale di una ricognizione fotografica di Matteo Scarpa e di una mappa dei luoghi interessati a cura di Giovanni Sogne.

Erice, antico borgo della Sicilia Occidentale, a picco sulla laguna di Trapani, legò la sua antica storia al culto di Venere Ericina. Nel Medioevo e fino al Settecento, ospitò poi numerosi conventi, trasformati dagli anni Settanta del secolo scorso, per iniziativa del fisico Antonino Zichichi, in sedi dedicate a incontri e residenze internazionali, intorno al prestigioso Centro per la Cultura Scientifica Ettore Majorana. Negli ultimi anni una funivia ha collegato alla città di Trapani quel monte Erice – già e ancora accessibile tramite una strada panoramicissima ma da vertigine – inserendo così il borgo anche nel flusso del turismo vacanziero. Tuttavia queste riflessioni restano dedicate ai luoghi silenziosi e fraterni dove alcune tra le più brillanti menti scientifiche, con quasi regolare scadenza, si ritrovano per dibattere tematiche che riguardano l’essenza sconosciuta della materia, nella quale e per la quale viviamo.

Senza imporre alternative di valore e di incidenza a itinerari universalmente noti, si suggerisce un nuovo tipo di percorso che ci accompagni in una lettura dei fenomeni aggregativi di alcune tipologie urbane, come la strada, il borgo e la piazza o di complessi edilizi, come palazzi, conventi, monasteri, ospedali, che hanno determinato la definizione spaziale e formale della città, nonché alla necessaria segnalazione di episodi che hanno incontrato minore attenzione e fortuna critica. Un percorso cadenzato dalle piazze, dagli incroci viari e dai relativi canti, vera rete geografica urbana, e che non è separabile dal movimento della sua gente, dalle sue botteghe artigianali, dai Caffè e dai negozi di eccellenza di via Roma, attraverso borgo San Lorenzo, la piazza San Lorenzo, fino alla via de' Ginori, che alterna l'incanto delle sue \"case da Signore\" ai fondi commerciali, per proseguire poi sulla via San Gallo fino all'omonima porta. Questo percorso fa parte di un progetto più ampio, teso a far conoscere i due assi storici, cardo e decumano massimi, fondamentali per la definizione della strutturazione urbana di Firenze: la ricchezza e la complessità dei tanti episodi architettonici che vi si incontrano, hanno determinato la necessaria suddivisione dei percorsi, che partendo tutti dalla Colonna dell'Abbondanza, monumentalizzazione dell'incrocio dei due assi, si diramano a Nord verso Porta San Gallo, a Sud verso Porta Romana per il cardo massimo, a Est verso Porta la Croce...

Maggio 1799. Nel borgo di Mosso Santa Maria, nel Biellese, don Pietro, dopo essere stato esiliato da Biella, a seguito dell’assedio di un convento da parte di giacobini, collabora con il parroco don Antonio. Di ritorno dalla messa la perpetua Onorina lo informa che il notaio Gallis è stato ucciso sulla strada. Don Pietro nel raggiungere il luogo del delitto incontra un soldato francese, una vedova e un carbonaio. In canonica si discute del misfatto. Fra gli altri sospetti ci sono un funzionario piemontese dall’accento francese e la moglie dell’avvocato Decanti, presunta adultera. Fra pedinamenti, ricatti, traffici d’armi e spionaggio, la microstoria di un villaggio montano s’intreccia con la grande storia che si muove nella pianura.

Senza imporre alternative di valore e di incidenza a itinerari universalmente noti, si suggerisce un nuovo tipo di percorso che ci accompagni in una lettura dei fenomeni aggregativi di alcune tipologie urbane, come la strada, il borgo e la piazza o di complessi edilizi, come palazzi, conventi, monasteri, ospedali, che hanno determinato la definizione spaziale e formale della città, nonché alla necessaria segnalazione di episodi che hanno incontrato minore attenzione e fortuna critica. Un percorso cadenzato dalle piazze, dagli incroci viari e dai relativi canti, vera rete geografica urbana, e che non è separabile dal movimento della sua gente, dalle sue botteghe artigianali, dai Caffè e dai negozi di eccellenza di via Roma, attraverso borgo San Lorenzo, la piazza San Lorenzo, fino alla via de' Ginori, che alterna l'incanto delle sue \"case da Signore\" ai fondi commerciali, per proseguire poi sulla via San Gallo fino all'omonima porta. Questo percorso fa parte di un progetto più ampio, teso a far conoscere i due assi storici, cardo e decumano massimi, fondamentali per la definizione della strutturazione urbana di Firenze: la ricchezza e la complessità dei tanti episodi architettonici che vi si incontrano, hanno determinato la necessaria suddivisione dei percorsi, che partendo tutti dalla Colonna dell'Abbondanza, monumentalizzazione dell'incrocio dei due assi, si diramano a Nord verso Porta San Gallo, a Sud verso Porta Romana per il cardo massimo, a Est verso Porta la Croce...

La storia di Sara si svolge quasi per intero in un borgo non identificato, nel periodo che precede, attraversa e segue la seconda guerra mondiale, in parallelo con le vicende storiche d'Italia. Nata da contadini presto deceduti per la pellagra, Sara, orfana, viene accolta in convento ed allevata dalle amorevoli cure di suor Clotilde, che provvede alla sua formazione ed alla sua istruzione, secondo i canoni monastici. Dopo il matrimonio con Primo e l'uscita dal convento, scopre un mondo nuovo che la incuriosisce ed affascina. Ma l'avvento della guerra e la partenza di Primo per il fronte, la precipita presto in una realtà di lutti, di dolori e di affanni. Sola, con due figli piccoli, Sara, la timida ed inesperta Sara, abbraccia la vita e l'affronta. Lavora, s'innamora, perde tutto, ricomincia. A poco a poco, emerge dalle brume conventuali, allarga i propri orizzonti e ne va alla conquista. Va a scuola, impara, scopre, ma soprattutto inventa, sperimenta, cade, ma si rialza e ricomincia. Più la vita la ferisce e più Sara si rimargina ed affronta la sua guerra con ostinazione; fino alla fine, quando quasi d'improvviso, prende consapevolezza di quanto la sua vita sia stata bella e vera, con tutte le sue sconfitte e con tutte le sue vittorie. Attorno alla vita di Sara ruotano anche le vicende di altre donne, rifiutate, maltrattate, che l'indulgenza e la generosità di Sara, salvano dalla emarginazione e dalla solitudine.